a cura di Mario Colucci, Ilaria Papandrea e Francesco Stoppa
Il cambiamento climatico, l’inquinamento ambientale, la pandemia, la guerra, la crisi energetica e tutte le altre minacce della nostra epoca ci restituiscono la percezione di abitare un presente senza futuro. Il sole dell’avvenire è tramontato per sempre, l’idea di progresso ridotta al rango di un’illusione. Il passato è nostalgia di un’età felice che non è mai esistita, ma che pure è agognata proprio perché irrealizzabile. La tristezza freudiana trova la sua conferma nel trionfo di una pulsione di morte come forza ineducabile che governa le esistenze. In un mondo contaminato dai veleni di una crescita insostenibile il desiderio di trasformarlo è schiacciato dal godimento frenetico dei consumi. Non l’impegno politico, ma il trattamento dei corpi, sembra rappresentare l’unica salvezza: corpi marcati dal capitalismo, tutti uguali perché fabbricati secondo standard di bellezza e prestanza uniformi, cioè tatuati, palestrati, gonfiati o affilati dalle chirurgie, esibiti e sperperati nell’immediatezza dei giorni, quindi destinati a deperire in fretta in un tempo accelerato che implacabilmente li corrompe. Corpi dai quali, tuttavia, proviene spesso il lamento di un sintomo singolare che forse solo la psicoanalisi può ancora ascoltare.
Intervengono, oltre ai tre coordinatori, Roberto Beneduce, Moreno Blascovich, Anna Calligaris, Kety Ceolin, Nicola Gaiarin, Simona Taliani.
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